L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), d’intesa con l’ufficio legislativo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha fornito alcuni primi chiarimenti sulla prossima entrata in vigore dell’obbligo di tracciabilità dei pagamenti relativi alla retribuzione dei lavoratori.
Dal prossimo 1° luglio, la retribuzione non potrà più essere corrisposta per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000,00 euro a 5.000,00 euro (art. 1, c. 910 – 913, legge n.205/2018) .
Dalla data sopra indicata, i datori di lavoro privati (quindi anche agricoli) dovranno invece utilizzare modalità di pagamento tracciabile (ovvero bonifici, assegni, o altri strumenti di pagamento elettronici quali ad esempio carte prepagate e assegni elettronici) e la corresponsione in contanti dello stipendio sarà possibile solo attraverso l’istituto bancario o postale presso il quale il datore di lavoro abbia aperto un conto di tesoreria con mandato di pagamento.
Tale obbligo riguarda tutti i rapporti di lavoro subordinato (di cui all’art. 2094 c.c.), i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e i contratti di lavoro stipulati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci, restando invece espressamente esclusi i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni nonché i rapporti di lavoro domestico. Devono altresì ritenersi esclusi – secondo la nota dell’INL – i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale.
Nella nota viene specificato che la violazione della disposizione in esame risulta integrata, oltre che nel caso in cui la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore, anche nel caso in cui, sebbene sia stato utilizzato uno dei sistemi di pagamento consentiti, il versamento delle somme dovute non risulti realmente effettuato (per esempio, per successiva revoca del bonifico o per l’annullamento dell’assegno avvenuto prima dell’incasso).
In altri termini, non è sufficiente che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti indicati dalla legge, ma occorre che lo stesso vada a buon fine.
L’Ispettorato chiarisce inoltre che l’inosservanza dell’obbligo di tracciabilità della retribuzione non può essere oggetto di procedura di diffida ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n.124/2004 , in quanto non materialmente sanabile in un momento successivo.
In sostanza, la sanzione amministrativa eventualmente inflitta verrà determinata nei modi ordinari ai sensi della legge n. 689/1981 che, come noto, consente il pagamento “in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa”.
Da ultimo l’INL ricorda che avverso il verbale di contestazione adottato dagli organi di vigilanza il datore di lavoro, entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso, può presentare ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro (art. 16, D.lgs. 124/2004). Entro il medesimo termine può far pervenire all’autorità competente (ovvero all’Ispettorato Territoriale del Lavoro) scritti difensivi e documenti e può chiedere di essere sentito a sua difesa.