Sospendere il decreto che dichiara illecito l’uso non farmacologico del prodotto da estratti di canapa, alla luce delle evidenze scientifiche e in considerazione anche delle pratiche adottate in altri Paesi europei, e avviare un percorso di approfondimento condiviso e partecipato da istituzioni, operatori e comunità scientifica.
E’ la richiesta avanzata da Agrinsieme (Confagricoltura, Cia, Copagri, Confcooperative) ai ministri della Salute, Orazio Schillaci, e dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, in merito al decreto 7 agosto 2023 (n. 20AO5476) emanato dal ministero della Salute, che revoca il decreto 28 ottobre 2020 e aggiorna le tabelle contenenti l’indicazione delle sostanze stupefacenti psicotrope.
Il provvedimento, – spiega il Coordinamento – inserendo le composizioni ad uso orale di Cannabidiolo ottenuto da estratti di canapa nella tabella dei medicinali, sezione B, è fortemente restrittivo e presenta molte criticità, a partire dall’essere in contrasto con i principi dell’UE relativi alla libera circolazione delle merci, con inevitabili ripercussioni sugli operatori economici.
“Le limitazioni sull’utilizzo di CBD – aggiunge Agrinsieme – rischiano di demonizzare un settore come quello della canapa industriale, regolamentato dalla legge 242 del 2016, che presenta un enorme potenziale in termini di fibra, alimenti, florovivaismo, cosmetica, bioplastiche, bioedilizia, etc”.
Solo nel nostro Paese la vendita di prodotti a base di CBD vale circa 150 milioni di euro l’anno e impiega, nelle diverse fasi della filiera, circa 10.000 lavoratori, con una percentuale molto alta di giovani impiegati nella produzione agricola.
In Europa, Italia compresa, la domanda di prodotti con CBD è inoltre in continuo aumento. “Per questo motivo, – spiega il Coordinamento – la scelta di obbligare la commercializzazione di CBD ad uso esclusivamente farmacologico escluderebbe molte aziende italiane dal mercato, con evidenti conseguenze negative sia dal punto di vista economico che sociale”. Con il provvedimento in oggetto, infatti, l’Italia rischierebbe di essere l’unico Paese europeo a considerare il CBD con le preparazioni ad uso orale come stupefacente favorendo aziende straniere, soprattutto francesi e tedesche, nel complesso di un mercato sempre più fiorente.