Fonte: Ratio Quotidiano
È arrivata la firma del Ministro delle Politiche agricole sul Decreto con le Linee guida e gli indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica. Previsto dai cc. 502-504 della legge di Bilancio 2018, con il termine enoturismo si intendono “tutte le attività di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine”.
Le linee guida approvate dalla conferenza Stato-Regioni specificano, nel dettaglio, quali siano le attività con inquadramento enoturistico:
– visite guidate ai vigneti di pertinenza dell’azienda, alle cantine, ai luoghi di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite e della storia della pratica vitivinicola ed enologica in genere;
– iniziative di carattere didattico e culturale svolte nell’ambito di cantine e vigneti, come la vendemmia didattica;
– attività di degustazione e commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, da intendere come prodotti agroalimentari, anche manipolati, trasformati o preparati dall’azienda stessa e pronti per il consumo.
Le stesse linee guida introducono una serie di limiti e di previsioni, alla luce del fatto che l’attività enoturistica deve essere sempre considerata un’attività connessa a quella agricola principale, qualora svolta dall’imprenditore agricolo, singolo o associato, di cui all’art. 2135 C.C. Tra i requisiti cardine spicca la necessità di un’apertura settimanale o anche stagionale di un minimo di 3 giorni (domenica, giorni prefestivi e festivi compresi), assieme all’utilizzo di strumenti di prenotazione delle visite, preferibilmente informatici (sito o pagina web aziendale). Le aziende, inoltre, dovranno:
– predisporre cartelli all’ingresso che riportino i dati relativi all’accoglienza enoturistica, con orari di apertura, tipologia del servizio offerto e lingue parlate;
– indicare i parcheggi in azienda o nelle vicinanze;
– stampare materiale informativo sull’azienda e sui suoi prodotti in almeno tre lingue, compreso l’italiano;
– occuparsi dell’esposizione e distribuzione del materiale informativo sulla zona di produzione, sulle produzioni tipiche e locali con particolare riferimento alle produzioni con denominazione di origine sia, in ambito vitivinicolo che agroalimentare, sulle attrazioni turistiche, artistiche, architettoniche e paesaggistiche del territorio in cui è svolta l’attività enoturistica.
A questo nutrito elenco si aggiungono altre importanti previsioni quali:
– predisposizione di ambienti dedicati e adeguatamente attrezzati per l’accoglienza e per la tipologia di attività in concreto svolte dall’operatore enoturistico;
– presenza di personale addetto (titolare dell’azienda, familiari coadiuvanti, dipendenti e collaboratori esterni) dotato di competenza e formazione sulla conoscenza delle caratteristiche del territorio e in grado di svolgere l’attività di commercializzazione e degustazione nelle cantine con calici in vetro o altro materiale, purché non siano alterate le proprietà organolettiche del prodotto;
– possibilità di servire prodotti agroalimentari locali e regionali freddi, anche manipolati, trasformati o preparati dall’azienda stessa, pronti per il consumo nel rispetto delle discipline, delle condizioni e dei requisiti igienico sanitari previsti dalla normativa vigente ad esclusione delle attività che prefigurano un servizio di ristorazione.
Fonte: Ratio Quotidiano
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